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Windsurf, sogno e follia, gioia e frustrazione… Se c'è uno sport che può coinvolgere fino in fondo, ma che può richiedere allo stesso tempo una dedizione talvolta quasi "monomaniacale", questo è sicuramente il windsurf.

 

Introduzione al windsurf. Descrizione dell'attrezzatura


Windsurf, ovvero tavola a vela. Ovvero l'emozione di volare sul mare sentendosi in armonia con gli elementi, sentendosi un tutt'uno col vento e l'acqua. Sì, perché è il nostro corpo ad unire e dare forza all'insieme di vela e tavola, a differenza delle altre imbarcazioni a vela, dove si é in parte "aiutati" dall'attrezzatura. Nel windsurf il vento si scarica direttamente sulle braccia, sulle gambe, la sua energia si combina con quella del surfista e attraverso di lui passa ad imprimere il moto alla tavola, direttamente. Dal momento della prima planata in windsurf, scatta qualcosa nel cervello, d'ora in avanti ogni soffio, folata, raffica, ovunque siamo, ci farà subito trasalire e sognare….

Ma com'è nato questo singolare sport? Il windsurf fa risalire le sue origini ai primi anni '70, in California, anch'esso come evoluzione del surf da onda, il padre di tutte le "tavole", dall'idea di continuare a fare surf anche senza onde. Lo stesso impulso che in seguito ha creato lo snowboard ed il wakeboard, quindi. Poi l'evoluzione è stata lunga e controversa, con fasi anche piuttosto recessive, che sembrano per fortuna oramai superate. Qui, peraltro, non si vuole ripercorrere nei dettagli la storia e l'evoluzione del windsurf, tema affascinante, ma lontano dagli intenti pratici di queste pagine.

S'intende qui, invece, dare un breve sguardo generale ai diversi aspetti dello sport, rivolgendosi specialmente a chi intenda avvicinarvisi per la prima volta, rimandando a successivi approfondimenti ogni diversa e più approfondita analisi.

 

Windsurf attrezzatura 4

 

 

 

Si inizierà parlando dei materiali per il windsurf in genere, ovvero dell'attrezzatura esistente oggi; successivamente, si dedicherà un apposito sguardo all'attrezzatura per cominciare, che, si badi bene, deve avere precise caratteristiche di "facilità" e "tolleranza" specifiche per il neofita. Una precisazione risulta prima necessaria: ad alcuni potrebbe sembrare, dalle descrizioni che seguono, che, rispetto perlomeno ad altri sport con la tavola, il windsurf imponga una notevole attrezzatura. In realtà, valutando con attenzione le cose, si può facilmente notare che il windsurf è in assoluto il sistema più economico e "compatto" per navigare a vela, perché in fin dei conti di questo si tratta: una piccola imbarcazione.

Ed inoltre, rispetto ad altri sport con la tavola, come lo snowboard ed il wakeboard, l'attrezzatura è "completa", nel senso che, dato il vento, non occorre altro.


 

L'attrezzatura si compone di due elementi essenziali, la tavola ed il cosiddetto "rig", termine quest'ultimo che sta ad indicare l'insieme di vela, albero e boma.

La tavola da windsurf è lunga da un minimo intorno ai 2,2 metri, fino a 2,8 m, raramente ormai 3 m, salvo qualche eccezione particolare; questo almeno riferendosi al windsurf attuale, perché circolano ancora su alcune spiagge i vecchi, pesanti ed indistruttibili tavoloni di 4 metri e mezzo con vela triangolare e poppa squadrata, relativamente stretti, oramai sempre piu` sconsigliati per imparare, specie perchè non hanno le eccezionali caratteristiche di stabilita' e facilita` di apprendimento delle moderne tavole scuola molto larghe, ed inoltre sono corredati da rig (vela+boma+albero) pesantissimi e difficili da armare. Intendiamoci, imparare su di essi non è impossibile, ma possono causare nei meno convinti rifiuti e abbandoni, e spesso forti... mal di schiena!

 

 

 

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Comunque, la maggior parte delle tavole di uso comune, oggi, si può dire, è lunga tra i 2,30 e i 2,50 metri. La larghezza può variare, anche se la media, oggi, si è alzata fino addirittura, nei casi delle tavole scuola di nuova concezione, al metro (al centro). Larghezza, lunghezza e spessore concorrono a determinare un ulteriore valore, forse il più importante per un oggetto destinato a galleggiare sull'acqua: il volume, espresso normalmente in litri; maggiore è il volume della tavola, maggiore sarà il suo galleggiamento e la sua stabilità, ed in particolare la sua facoltà di sostenere il peso del surfista, ovviamente a parità, o per lo meno a somiglianza, del materiale di costruzione, e quindi del peso totale.

Storicamente, nel campo delle tavole adatte anche ai principianti si è passati dalle prime tavole, appunto lunghe anche 4 metri e mezzo, e pesanti intorno ai 20-25 chili, ma larghe al massimo una sessantina di cm, ad una fase successiva di tavole con deriva, più corte ma egualmente strette al centro, all'attuale fase di tavole anche poco superiori a 2,50 metri, ma con un considerevole aumento della larghezza.



Attualmente, si possono fare fra le tavole delle distinzioni fondamentali; la prima è fra:

- tavole con deriva, ovverosia che posseggono, oltre alla pinna posteriore, una lunga lama basculante a scomparsa, posta sotto il centro della tavola; sono tavole generalmente di media lunghezza, ma oggi specialmente abbastanza larghe, 70-80 cm e più, e, cosa più importante, di volume rilevante, diciamo almeno 150-170 litri; sono costruite con modalità che le rendano confortevoli e più resistenti, quindi adatte ai principianti e/o ad un utilizzo turistico con (quasi) ogni condizione di vento; a volte (raro) la deriva e` sostituita da una seconda pinna da avvitare in una scassa come quella posteriore, cosa un po' piu` scomoda.

 

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- tavole senza deriva, cioè provviste della sola pinna fissa posteriore (o di più pinne nel caso delle tavole wave multifin), destinate al "funboard", ovverosia al windsurf planante e di velocità, o alle altre discipline del windsurf (freestyle, wave, ecc.), in genere costruite con materiali leggeri e talvolta delicati, di diverse lunghezze, larghezze, e volumi a seconda della disciplina alle quali sono destinate, tavole che alla fine sono la stragrande maggioranza di quelle presenti in commercio.

Per capirci le tavole con deriva sono in prevalenza utilizzate dalle scuole, mentre le altre sono in realta` il 99% delle tavole comperate dai windsurfisti. Questo almeno finora, perche` si assiste negli ultimi tempi ad una certa rinascita del windsurf vecchio stile non necessariamente in planata, con tavole destinate anche all'antico scivolare lentamente sull'acqua sospinti da lievi brezze (a volte chiamato longboarding o longboard windsurfing o raceboarding).

 

 

In base al materiali di costruzione vi sono:

- tavole in polietilene, o più semplicemente plastica, normalmente con deriva, economiche, pesanti, resistentissime, praticamente indistruttibili, peraltro oramai scomparse dai listini del nuovo, ma sempre presenti fra l'usato, dato che sono praticamente eterne se trattate con un minimo di cura; sono pero' relativamente destinate alle scuole, farle planare non e` impossibile, ma nemmeno molto facile, ed in genere non se ne trovano dei tipi larghi e moderni più agevoli per l'apprendimento.

- tavole in termoformato, con o senza deriva, di buona resistenza e di prezzo relativamente buono, adatte alla planata del funboard ma non alle competizioni (eccetto quelle cosidette monomarca), un po' piu' pesanti ma decisamente piu` resistenti rispetto ai colpi inferti dai principianti, o anche solo degli inesperti della disciplina, tanto che ne esistono anche destinate ad esordienti wavers; non sono pero' indistruttibili come le tavole in polietilene, ed anzi si dice che una volta rotte siano piu` difficili da riparare delle sorelle in sandwich.

- tavole in sandwich, senza deriva, molto rigide, leggere e performanti, di prezzo più sostenuto, più delicate, adatte diciamo comunque agli avanzati, cioe` a chi quantomeno ha appreso bene le basi, alla fine sono la stragrande maggioranza delle tavole in commercio. Fra queste ne esistono diverse sottospecie, che a volta sono anche due o tre versioni dello stesso modello di tavola, una in epoxy sandwich, magari rinforzata da una pelle esterna in asa, abbastanza leggere ma ancora con una buona resistenza ai colpi accidentali, consigliabilissime per la maggioranza dei surfisti; un'altra versione invece viene fatta con le tecnologie piu' avanzate per renderla leggerissima, si parla di carbon sandwich o full wood sandwich, e' cara e spesso più delicata ed e` in genere sconsigliabile ai meno esperti e a chi non vuole troppi problemi nel maneggiare la propria tavola specie fuori dall'acqua; talvolta poi adesso vi è anche una versione "pro", leggerissima e rigidissima, spesso anche con la verniciatura ridotta all'osso tanto da far vedere il carbonio che affiora, destinata a chi vuole il massimo e sa di non sbagliare quasi mai, pagando ovviamente un prezzo piuttosto salato (arrivato, nel 2018, a sfiorare i 3000 euro!!!).

 



Invece, in base all'utilizzo cui sono destinate, oggi le tavole, principalmente funboard, si dividono in:

- wave, ovverosia tavole da onda, le più piccole: sono destinate a condizioni di vento forte e onda formata, sono molto spesso del tipo "sinker" ovverosia non sostengono il peso del surfista fuori dall'acqua se non si è in planata; per utilizzarle è quindi necessario conoscere la c.d "partenza dall'acqua", in quanto non si prestano normalmente a montarci sopra e poi recuperare la vela con la cima (salvo per persone particolarmente leggere). In media oggi lunghe fino a 2,3/2,4 m, volume 65/100 litri, prua (parte anteriore…) arcuata e alta sull'acqua, poppa con bordi (rails) sottili per incidere l'onda in curva, spesso anche dotata di una leggera curvatura, in senso logitudinale, in carena verso poppa (in gergo è la cosidetta curva  del "rocker"), e di una leggera "v" (in alcuni casi anche doppia) in carena, in senso trasversale. Maneggevolissime e solo per esperti, o per aspiranti tali, adatte a saltare l'onda o a surfarla, e comunque per venti consistenti, ecco a seguire l'immagine di alcune tavole wave. 

 

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- freestyle: adatte a luoghi con onda scarsa o nulla (acqua piatta o flat), per esempio ai laghi, e vento medio/forte, costruite per fare evoluzioni, rotazioni, andature invertite, e simili "tricks". Sono un po' più grandi e specialmente più larghe delle tavole wave, volume 85-115 litri; per surfers con già buona esperienza. E' una disciplina nata ormai alcuni anni orsono, esportando il nome dallo snowboard, ed è sicuramente la disciplina del momento, specie per le competizioni. Da notare per quanto riguarda le tavole, che le tavole freestyle si sono evolute dal 2000 passando da tavole wave con più volume e meno estreme, a veri mezzi iperspecialistici, corti, simmetrici, larghi, con carene elaborate e pinne corte e larghe, il tutto per avere accelerazioni brucianti a scapito della velocità finale, insomma mezzi fatti per partire e saltare o manovrare quasi subito. Proprio per reazione a questa iperspecializzazione. Oggi esistono delle validissime alternative, intermedie con le sorelle wave, di grande successo e diffusione, e sono le tavole freestyle-wave.

 

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- freeride: sono tavole adatte al windsurf di base, a tutte le andature e manovre fondamentali, a venti più o meno forti a seconda del loro volume (più voluminose, dette talvolta "lightwind" per - appunto - venti leggeri e /o per principianti, meno voluminose e un po' più corte per venti più forti). Vanno dai 90-100 fino e talvolta oltre 150 litri, con lunghezze che, negli ultimi tempi si sono ridotte ben al di sotto dei tre metri, e poco sopra, o addirittura sotto, i 2,50 m, in favore di un consistente allargamento delle larghezze medie, che viaggiano in media dai 75 agli 85 cm al centro per una tavola da 120-150 litri. Da tener conto che spesso oggi le tavole freeride da principianti non sono piu' tavole pesantissime in asa, ma modelli performanti simili a quelli di alta gamma, magari solo ricoperti da uno strato di soffice "eva" spugnosa su tutta la parte superiore.

A seguire, l'immagine di una tavola freeride da 112 litri lunga 240 cm, e larga 72 cm.


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- race: sono tavole specialistiche per le gare, molto leggere, molto care, delicate e difficili da utilizzare, in quanto richiedono una eccellente tecnica, e un buon allenamento fisico. Come per le tavole freeride, le dimensioni variano in relazione alle condizioni di vento per le quali vanno utilizzate; e anche qui, le ultime tendenze hanno comportato un contenimento marcatissimo delle lunghezze, in luogo di un aumento della larghezza, qui ancor più deciso, con poppe (=parti posteriori) squadrate e volumi elevati, e pinne lunghissime e impensabili solo pochi anni fa, anche 70 cm!
Fra le tavole definibili race, oggi è si è affermata la distinzione fra le tavole formula, corte, larghissime, adatte a vele anche sopra i 10 mq, e competizioni anche con venti molto leggeri, costruite per andature di ogni tipo ma in particolare per boline strette e laschi, e le tavole slalom, ritornate parecchio in auge negli ultimi tempi, mezzi adatti in prevalenza a competizioni ad andature portanti con venti medi e medioforti.
Peraltro con l'avvento del freeride, le tavole race hanno perso molto del loro mercato a livello strettamente popolare, ma si ritrovano poi simili, ma rinforzate e semplificate, in alcuni modelli che diventano le tavole scuola del nuovo millennio!

 

 

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- SUP con innesto per il rig (o Windsup). Da alcuni anni è esploso il fenomeno del SUP ovvero dello stand Up Paddle, ovvero tavole molto grandi sullo stile delle tavole beginner da surf ma fatte per starci in piedi sopra e remare sull'acqua piatta o surfarci le onde. Molte di esse peraltro sono predisposte con un track o uno o più inserti per un rig da windsurf, e di conseguenza con esse si potrà navigare con venti molto leggeri. Queste presentano il rilevante vantaggio per i principianti di essere concepite per una grandissima stabilità laterale, per cui, pur non essendo di per se talvolta larghissime come un widebody, nelle versioni più tranquille e voluminose sono molto adatte ad apprendere il windsurf. Unico problema è che solo alcune versioni hanno la deriva o la possibilità di montare una seconda pinna al centro, per cui per converso non sono poi così facili per le andature di traverso e bolina per i principianti.  Attenzione peraltro ad evitare le inevitabili estremizzazioni specialistiche sorte anche nel sup, come le lunghissime e strette tavole race, o le cortissime e instabili tavole wave.

 

 

Da notare che si sono create alcune sottodefinizioni per alcuni modelli, come freerace (freeride+race), o freemove (freeride+freestyle).

 

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Viste queste distinzioni, si può passare ad analizzare le parti di una tavola da windsurf. Si prenderà come modello una classica tavola "scuola" con deriva, ovverosia quella che dovrà essere utilizzata da un principiante per i primi tempi, anche se si menzioneranno gli elementi di differenza con alcune delle tavole viste sopra.


"Shape", ovverosia forma della tavola: in genere, visto da sopra, la forma si presenta più o meno elissoidale, con prua più o meno a punta e coda arrotondata. Questo come mera astrazione generale, perche' negli ultimi tempi se ne sono viste di tutti i colori, e le tavole da principianti (e non più solo quelle) somigliano molto di piu` a dei.. portoncini larghi e tozzi, ma indubbiamente efficacissimi per imparare.

Vista lateralmente, la carena della tavola presenta una prua più o meno arcuata all'insù (la curvatura della tavola dal centro verso prua è detta "scoop"); le tavole wave hanno una accentuata arcuatura, quelle race ridotta. La carena delle tavole wave presenta, inoltre, una leggera curvatura dal centro verso poppa (tale curvatura è detta "rocker"), che serve per dare alla tavola maggiore maneggevolezza nelle onde, ma che rendono l'ingresso in planata un po' piu' lento (mentre un rocker piatto facilita la planata, ma riduce la capacità di girare della tavola con un raggio ridotto).

 

 

La coperta (=superficie superiore della tavola) presenta a metà una sorta di binario o scanalatura centrale longitudinale, lungo una trentina di centimetri (detto "track"), nel quale va avvitata una basetta circolare - oramai quasi sempre con uno snodo flessibile, e un pin d'innesto della base d'albero integrati - che serve per fissare alla tavola il rig tramite il piede d'albero.

Immediatamente dietro al track, nelle sole tavole con deriva mobile, vi è la cosiddetta "scassa" della deriva, una fessura passante da parte a parte da cui esce la testa della deriva; nelle attuali tavole con deriva essa può essere mossa in avanti come una leva imperniata, determinando la maggiore o minore fuoriuscita della deriva stessa da sotto la tavola, fino alla totale rientranza nella scassa.

A poppavia del piede d'albero, in tutte le tavole funboard, ed in molte tavole con la deriva, vi sono quattro (tre, nelle tavole wave, o freestyle) straps avvitate alla tavola: sono gli alloggiamenti dei piedi necessari alla conduzione della tavola in planata; gli stessi non vengono utilizzati nelle altre situazioni, in particolare dai principianti.

Appena dietro la strap posteriore vi è, nelle tavole con scassa della pinna passante, la vite o chiave di fissaggio della pinna posteriore posizionata sotto la poppa (parte posteriore) della tavola. Da rilevare infine che, specie nelle tavole funboard, la coperta è normalmente provvista di una finitura molto ruvida, il cosiddetto antiscivolo, eccezion fatta per la zona delle straps, dove vi è una copertura in gomma morbida (pad).

La carena, ovverosia il fondo della tavola, può presentare diverse forme, anche se di base è "abbastanza" piatta. Può avere una leggera "v" longitudinale, o una o più concavità sempre longitudinali, o delle striature (dette "channels") sempre longitudinali. Al centro, nelle tavole con la deriva, presenterà ovviamente il fondo della fessura della scassa della stessa. Verso la poppa, cioè la parte posteriore ci sarà invece necessariamente la pinna che sporgerà dalla scassa della pinna. L'innesto della pinna nella stessa segue alcuni standards principali: "Us-box" per molte tavole wave o freestyle, e per alcune da principianti, con scassa non passante; oppure, scasse passanti di tipo "power box" ad una vite, "trimbox" (ormai caduto quasi in disuso), "tuttlebox" a due viti (quest'ultimo in prevalenza per le tavole race, e con sottospecie allungata deep tuttlebox). La pinna sarà corta e ricurva per le tavole wave, fino a molto lunga e diritta per le tavole race.

Infine, i bordi (rails) della tavola possono essere relativamente corti e ricurvi nelle tavole wave, fino a piuttosto lunghi, e paralleli, nelle tavole race, e variano poi in base alle scelte progettuali del singolo shaper. Lo spigolo fra il fondo della carena e il bordo laterale, poi, è quello che determina molte delle caratteristiche della tavola; è in fondo come la "lamina" della tavola da snow, o degli sci: è più o meno tondo nelle tavole wave (nel freestyle, è tondo verso il centro tavola, ed affilato a poppa), per la massima manovrabilità, mentre è "a spigolo vivo", cioè ad angolo retto, nelle tavole race, per la massima tenuta nell'andatura di bolina (cioè quando si "risale" il vento). Le tavole freeride hanno, in genere, bordi mediamente voluminosi, ma spigoli un po' arrotondati.

 


 

Il "rig", come dicevamo, si compone di vela, albero e boma.

La vela, il "motore" del windsurf, ha subito del tempo un'evoluzione dalla primitiva forma a triangolo di semplice tela colorata, ad una forma, se vogliamo, più simile ad un'ala di farfalla o di uccello; normalmente, è, per la maggior parte, composta in materiale plastico trasparente e leggero (il "monofilm"), irrobustito da un'armatura di stecche semirigide, ma talvolta è composta da layer plastico con un filo reticolato o tramato ("x-ply), e da parti in tessuto colorato ("dacron"). 


Non essendo possibile, come invece sulle barche, ridurre la superficie in navigazione di una vela, per la sua conformazione e per come è montata sugli altri elementi del rig, è necessario in genere possederne almeno due-tre di diverse misure in base alla forza del vento e al tipo di utilizzo che s'intende farne.

 


Come per le tavole, esistono vele per ogni disciplina:

- wave, ovvero per le onde, tagliate con la base inferiore più alta, in materiali e costruzioni resistenti, adatte a condizioni di vento da forte a medio, in genere vanno da misure di meno di 3 mq a 6 mq; sono maneggevoli e leggere, ma mediamente non molto potenti e meno adatte alle andature di "bolina", cioe' a risalire il vento delle vele race e freeride. Ulteriormente, fra di loro, si possono distinguere le vele adatte a condizioni sideshore (ovvero, che investe lo spot e la sua spiaggia lateralmente), con onda, in genere, regolare e alta (non generata dal vento che soffia sullo spot), in genere magre e superstabili con vento forte, molto apprezzate dalla persone leggere; e quelle invece adatte a condizioni onshore (con vento che proviene dal largo, ed investe la spiaggia perpendicolarmente al bagnasciuga), con onda irregolare da saltare, decisamente più potenti e adatte ai nostri mari, oltre che gradite alle persone pesanti.

 

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- freestyle, sorelle delle vele wave, in metrature dai 4 ai 5,5 mq, molto maneggevoli, adatte a dare la spinta per le evoluzioni, in genere quindi un bel po' più potenti delle vele wave, specie per i modelli dedicati alle competizioni dellla specialita`. Sono veramente simili alle ali di un aereo, corte di bugna (per renderle facili in manovra), e non sventano quasi per niente nella parte alta della vela.

 

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- freeride, le vele oggi più richieste dai surfisti di livello intermedio, le più versatili, sono adatte ad andature su acqua piatta o con un po' di chop, e solo alle manovre fondamentali (virata e strambata); hanno una buona potenza, relativa maneggevolezza, e molta stabilità di profilo (hanno almeno 5 stecche); sono le vele più usate dall'utente qualsiasi, con metrature dai 5,5 mq a 9,5 mq. Quelle più grandi vengono chiamate anche freeride lightwind, ossia per venti leggeri. Ce ne sono di vario tipo, alcune di impronta più semplice e ricreativa, in genere con 5 o 6 stecche, altre più "corsaiole" con 6 o 7 stecche. Esistono anche vele freeride già più tecniche e dotate di cambers (vedi punto successivo), che sconfinano già nelle vele race.

 

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- race, vele tecniche, impegnative, adatte alle regate, critiche nel montaggio del rig per la presenza di alcuni cambers (dispositivi plastici posti ove la stecca tocca l'albero e adatti a preformare la forma della vela e a rendere la rotazione della stessa più precisa e potente), di prezzo molto sostenuto, in metrature da 6 a oltre 12 mq.

 

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Anche per le vele esistono modelli crossover (o allround), che riuniscono caratteristiche di due specialita` vicine, tipo le vele freerace, o le vele freemove (freeride+freestyle), o le freewave (freeride e wave).

La vela presenta i seguenti elementi:

- tasca d'albero: un lato della vela termina con un lungo "tubo di tela" ricurvo che va dalla cima (top) alla base, e presenta solo una lunga apertura da un metro e venti/un metro e trenta circa dalla base fino a un metro e ottanta circa, fatta per poter fissare il boma all'albero, tramite la maniglia in diverse posizioni, in base all'altezza del windsurfista. Come il nome lascia intuire, è qui che va infilato l'albero che poi sarà posto in tensione e curvato, come la tasca dalla trazione della cima di caricabasso.

- bugna: è l'angolo "basso ed esterno" della vela a cui va attaccata l'altra estremità del boma rispetto a quella di cui abbiamo appena accennato, che va fissata sull'albero, e per questo ha uno o due appositi occhielli metallici per far passare una cimetta presente sul boma, la c.d. scotta di bugna.

- top della vela: è la "cima" della vela; lì, collegato all'estremità della tasca d'albero, è posto un cappuccio esterno o un tappo interno alla tasca che serve per infilarci e bloccare la testa dell'albero; se esterno, è collegato con una fettuccia in cordura regolabile che permette di usare un albero un po' piu` lungo della tasca d'albero stessa (c.d. "variotop").

- balumina: e' la parte diciamo esterna (che rimane rivolta verso poppa), tra il top e la bugna della vela, dal lato opposto rispetto alla tasca d'albero, e assume molta importanza nelle vele moderne in quanto a seconda di quanto la vela e` "cazzata" alla base, cioe' di "caricabasso", essa apparira' maggiormente "aperta" di balumina, e atta a "sventare", ovvero meno tesa; questo aiutera' molto a scaricare il vento in eccesso sotto raffica, o comunque con venti sostenuti.

- stecche, aste sottili e flessibili in vetroresina o carbonio, infilate in apposite tasche orizzontali posizionate equidistanti sulla superficie della vela, che servono per dare la forma alla vela e mantenerla stabile nel vento; le vele race hanno fino a ben otto o nove stecche, quelle wave arrivano ad averne anche solo tre; sono messe in tensione per dare assieme all'albero forma alla vela da dei piccoli dispositivi messi alll'estremità di ciascuna stecca e chiamati appunto tendistecca, oramai quasi sempre a forma di vite, o brugola, mentre nelle vele di una volta erano in prevalenza a fettuccia di cordura;

L'albero è un lungo palo conico, largo in maniera standard alla base e via via più rastremato fino in cima, divisibile in due parti, un tempo di vetroresina o alluminio, oggi misto vetroresina-carbonio, con percentuali via via maggiori di questo secondo elemento a seconda del pregio e dell'utilizzo (e di prezzo via via più caro). Le lunghezze variano a seconda della metratura della vela da utilizzare, si va da meno di 3,4 metri per le più piccole vele wave, fino ai 5,6 metri per le vele race più grandi. Sempre in relazione all'utilizzo al quale è destinato, ogni albero è provvisto di una minore o maggiore rigidità; minore negli alberi corti destinati alle vele piccole in genere wave, maggiore per quelli più grandi destinati in particolare per quelle race, o come si dice adesso formula windsurfing.

 

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Da ricordare che, una volta montato il rig, l'albero assumerà una forma ricurva all'indietro, funzionando anche un po' come da "sospensioni" della vela, e contribuendo a darle la forma in navigazione. Importante allora e' anche la reattivita' dell'albero (cioè la sua capacità di recuperare la sua forma dopo la sollecitazione della raffica), il suo c.d. reflex, direttemente proporzionale alla percentuale di carbonio con cui e' costruito.

Oggi, poi, esiste anche la rilevante variante degli alberi a sezione ridotta o RDM (Reduced diameter mast), in aggiunta agli SDM (Standard), molto in voga nel wave e nel freestyle, tanto che ormai non poche vele per queste due discipline sono costruite per essere utilizzate in prevalenza o esclusivamente con alberi RDM. Gli RDM hanno vantaggi per la loro robustezza, ma costringono ad utilizzare delle prolunghe specifiche alla base, e degli adattatori per fissare il boma, in genere peraltro forniti a corredo del boma. 

 

 

Vi è, infine, il tipo di albero cosidetto drop-shape che inizia come un albero a sezione Standard per poi ridursi presto a sezione ridotta.

Gli alberi hanno anche diversi tipi di curvatura. Semplificando, vi sono gli alberi Constant curve, che, quando incurvati per azione della tensione del caricabasso, assumono una curvatura sostanzialmente omoegenea; gli alberi Flex top, che assumono una curvatura più accentuata nella parte alta; gli alberi Hard top, che assumono una curvatura più accentuata nella parte bassa. E' importante sottolineare che le vele sono progettate, ormai, per essere montate solo con alberi con uno specifico tipo di curvatura (cercate su internet, a questo proposito, l'Unifiber mast selector, per approfondimenti).


Il boma è un attrezzo in alluminio, o in carbonio, a forma più o meno elissoidale che viene fissato, da un'estremità, sull'albero, e, dall'altra, sull'anello di bugna della vela, e serve per reggere e dirigere con le mani la vela, tenendola con uno dei due "tubi" del boma, che rimangono da ciascuna parte di essa. Sull'albero viene fissato con la c.d. maniglia, un dispositivo semiautomatico, mentre l'altra estremità è chiamata terminale, ed è provvista di una serie di carrucoline ed una "cima" (corda) per fissare la vela. Anche i boma sono in lunghezze diverse a seconda della grandezza della vela, anche se lo stesso boma è adattabile a più vele, entro un certo range, in quanto presenta un'escursione che lo rende allungabile, per esempio, da 165 a 215 cm.

 

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E' ricoperto in gran parte da un'imbottitura ruvida atta a favorire l'impugnatura dello stesso, chiamata "grip". Presenta, poi, salvo in quelli destinati ai principianti, delle cimette attaccate ad "u", una per parte, che sporgono per una quarantina di cm circa verso il basso e l'esterno, una volta che il boma è montato sul rig. Esse servono per attaccarvicisi col trapezio, un'imbragatura con un gancio che s'indossa nella pratica del funboard/wave/freestyle, e pertanto si parlerà del loro utilizzo in altra sede. Come ultima cosa, sulla maniglia è attaccata una particolare corda con un asola terminale che va collegata al piede d'albero, la c.d. cima di recupero, essenziale per tirare su la vela dall'acqua.

Il rig si collega alla tavola con alcuni elementi che sono: la prolunga, che è una sorta di innesto dotato di carrucoline che s'inserisce nella base dell'albero e serve per fissare la base della vela con una cima (cima del caricabasso), mediante la quale si adatta la lunghezza dell'albero scelto e previsto per una vela alla lunghezza della tasca d'albero della stessa, normalmente superiore; il piede d'albero, uno snodo flessibile, che si inserisce da una parte nella prolunga (in genere ormai con l'attacco pin), e dall'altra si avvita nel track della tavola.

 

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Ai principianti, consigliamo, dopo aver letto questo articolo, di guardare anche questo video relativo all'uso del trapezio.


Relativamente, a questo specifico tema, consigliamo di leggere anche il dettagliato articolo "Guida ai principianti". Qui, verranno date alcune dritte, per orientare i primi passi di chi si avvicina a questo sport.

A differenza degli altri sport con la tavola, dove un'attrezzatura top non facilita magari l'apprendimento, ma non lo rende però del tutto impossibile, per il windsurf la scelta di materiali errati può realmente stroncare sul nascere qualsiasi velleità, anche del più ostinato e coraggioso neofita. Questo perché, in fin dei conti, si tratta sempre di un'imbarcazione sulla quale navigare, e quindi, specie all'inizio, deve sempre essere più che proporzionata alla struttura e alle capacità del surfista.

Mi spiego: un neofita di 80 kg non galleggerà nemmeno, sopra una tavola di meno 90 litri; e se anche avesse una tavola di 110 litri, la stessa gli risulterebbe instabile sotto i piedi, e scivolosa come una saponetta, a meno che, appunto... non sia già esperto.

Per imparare da zero, quindi, la stessa persona avrà bisogno di una tavola di almeno 160 litri, e con una larghezza al centro di 70-80 cm o piu`. Più voluminosa e stabile sarà la stessa all'inizio, più riuscirà a prendere confidenza con l'equilibrio che dovrà man mano acquistare per restare in piedi su quel "coso", che all'inizio gli sembrerà assolutamente instabile ed impossibile da controllare. Ovviamente, non e' impossibile imparare su tavole un po' piu' piccole, diciamo, per lo stesso neo-surfista di 80 kg, su una tavola da 140 litri, magari pure senza deriva. Ma lo stesso dovrà essere preparato a maggiori difficolta` nel trovare un equilibrio sulla tavola, e non attribuire errori e frustrazioni conseguenti allo sport del windsurf....

Diciamo, per avere un riferimento, magari approssimativo, che per cominciare da zero sara` meglio una tavola che come volume sia intorno al doppio del proprio peso, e come larghezza al centro possibilmente non troppo inferiore al proprio peso.

Discorso simile, ma inverso, per le dimensioni della vela. All'inizio, sarà necessario limitarsi a vele medio-piccole, quelle previste per venti forti, da usare invece, almeno per i primi giorni, con venti deboli, diciamo inferiori ai 10 nodi. Anzi, se si affittasse l'attrezzatura presso un centro surf, l'ideale, specie per persone non particolarmente atletiche, saranno le cosiddette "vele scuola", a loro volta montate in rig appositi, leggeri e adatti ai primi tentativi. Se invece si inizia da soli, in genere adesso si consiglia l'acquisto di vela da circa 6-6,5 mq per una persona di media corporatura e peso intorno ai 75 kg, prevalentemente per il fatto che si tratta di un compromesso che permette di iniziare senza eccessivi sforzi, ma poi di passare anche a navigare e divertirsi un po' senza dover subito riacquistare un'altra vela.

La vecchia alternativa di reperire a prezzo irrisorio una tavola vecchio stile lunga e relativamente stretta, o addiritura un vecchio tavolone-incrociatore degli anni 80 con la classica vela a triangolo, è sempre meno consigliata, perchè se è vero che può avvicinare delle persone anche senza spendere molto, può per converso essere fonte di frustrazioni notevoli e di risultati scarsi se paragonata a quello che si puo' ottenere in poche ore con le moderne e facilissime tavole scuola; quindi semmai rinveniamo una tavola diciamo degli anni 90 siamone coscienti, ma ancor di più se "ci tirano dietro" un tavolone da 4 metri degli anni 80. In entrambi i casi, ma specie nel secondo, ricordiamoci che se abbiamo dei problemi non significa che il windsurf non è adatto a noi, ma piuttosto che abbiamo bisogno di un windsurf moderno!

E comunque, allora molto meglio un modello mediolargo e non eccessivamente lungo della fine degli anni novanta, che un siluro strettissimo da race e in genere con poco volume dei primi anni 90. Da tener conto quindi, in ogni caso, che in genere tutte queste vecchie tavole erano lunghe ma relativamente strette, e quindi non danno la stabilita` laterale e la confidenza dei nuovi "zatteroni".

Per converso, le moderne tavole scuola "portoncino" studiate per i principianti hanno spesso la capacita' di essere un'ottima soluzione come mezzo tuttofare per famiglie, per cui nonostante in genere siano piu' che altro destinate alle scuole, chi volesse un mezzo economico, tuttofare, divertentissimo come windsurf, ma trasformanbile in un prendisole, una canoa, una zattera per i tuffi, fregandosene delle prestazioni minori e di un ingombro un po' superiore, be` allora con 800 euro (di listino, meno nelle occasioni nell'usato) puo' fare un acquisto di cui non si pentira`!

Il migliore modo per iniziare comunque è sicuramente recarsi in una scuola specializzata, in uno dei centri surf presenti nelle più famose località windsurfistiche, come, solo per esempio, Torbole sul Garda, Porto Pollo in Sardegna, o Vieste sul Gargano; li' prima di fare acquisti sbagliati potremo provare diverse tavole e capire, anche coi validi consigli degli istruttori, quale tavola e' piu` adatta al nostro livello.

Altrimenti, ovvio per chi può, altro ottimo sistema e` programmare una settimana in un bel posto esotico, ma non solo per prendere il sole, ma per sfrecciare sull'acqua trasparente e tropicale! Lì, in genere, vengono organizzate delle "settimane azzurre" a prezzi molto vantaggiosi, oppure anche dei weekends, in cui si viene forniti di attrezzatura appropriata, istruttori provetti, ecc.
Come detto, in tutti questi centri e' possibile provare diverse tavole di differenti volumi e dimensioni, per capire anche quella con cui ci si trova piu` a proprio agio, anche in vista di un futuro acquisto, e comunque cambiarne diverse progredendo o al cambiare del vento.

Buon vento. Nico

 

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